338.7542749 (Vergomaros, Piemonte), 377.3034089 (Maponos, Piemonte), 347.5730499 (Artal, Liguria) info@terrataurina.it

Alban Arthuan

SOLSTIZIO D’INVERNO – DEUORIUOS RIURI – ALBAN ARTHUAN – NATALE

Secondo molti autori la festa indicata sul Calendario di Coligny come DEUORIUOS RIURI andrebbe a cadere nel periodo del Solstizio d’Inverno, anche se alcuni studiosi non sono d’accordo; a sostegno di questa tesi possiamo contare i seguenti fatti:

DEUORIUOS ovvero DEUO – RU – IUOS inteso come “Grande Festa Divina”.
RIURI ovvero RIUROS tradotto come “Mese del Gelo”.

Il Mese del Gelo e la Grande Festa Divina quindi concorrerebbero insieme in questo periodo.

Il Solstizio d‘Inverno è una festa del ciclo solare che cade quando le ore diurne sono al loro minimo, mentre le notti sono più lunghe; si può dire che dal punto di vista celtico, o comunque del mondo antico, l’alternanza del periodo luce – buio e l’alternanza Samos – Giamos fanno parte degli eventi naturali e hanno quindi un’influenza sugli atteggiamenti umani.

Anche se il Solstizio d’inverno, a primo acchito, può apparire come il Trionfo del buio sulla luce, in realtà è il momento nel quale le giornate ricominciano ad allungarsi e le notti ad accorciarsi; è un momento di passaggio che prelude al cambiamento, un segno di risveglio e di gioia, anche se le notti saranno ancora lunghe per un po’ di tempo. L’eterno ciclo notte – giorno, buio – luce, freddo – caldo, morte – rinascita, fa parte della natura e quindi affonda nel cuore della cultura celtica.

Uno degli eventi che ricorrono nel periodo del Solstizio d’Inverno ci viene raffigurato sul Calderone di Gundestrup, un reperto archeologico trovato nelle torbiere della Danimarca e conservato nel Museo Nazionale Danese di Copenaghen; su questo calderone è rappresentato il “Mito di Rigani”, la Dea Madre Gallica (uno dei nomi che identificano la Madre Terra). Secondo il mito Rigani ha due mariti: uno per la fase chiara dell’anno, Taranis Signore del Cielo, del tuono, del fulmine, della pioggia e della tempesta, e uno per la fase scura dell’anno, Esus/Cernunnos nella sua ambivalenza di Signore protettore dell’albero tribale ma anche Signore degli animali e deputato a mantenere l’equilibrio della natura: Esus infatti compare come tale senza le corna, mentre nella sua forma di Signore degli animali Cernunnos porta sul capo corna di cervo.

Nei giorni del Solstizio d’inverno Rigani, accompagnata da due ancelle (si noti qui che Rigani e le due ancelle formano nuovamente il numero tre, la cui valenza sacra è molto presente nella cultura celtica), si appresta a lasciare Taranis per raggiungere Esus; sulla terra siamo nelle notti tra il 24 – 25 Dicembre, le “notti delle Madri” o “nuits des Mères“. Taranis però non accetta di essere lasciato Rigani e quindi le manda contro un cane mostruoso, ma l’accompagnatore della triade divina, una Divinità maschile di nome Smertulus, riesce a cacciarlo via. Tuttavia Taranis manda avanti un altro cane, più piccolo ma dotato di poteri magici, che trasforma Rigani e le due ancelle in tre gru (la gru vivevano ai tempi nell’area costiera Nord-europea e baltica, e la loro migrazione verso le aree invernali a sud è fonte di miti e leggende nel merito).

A questo punto affinché Rigani e le due ancelle riprendano le loro sembianze, occorre fare un sacrificio: Il Sacrificio del Toro, raffigurato in diversi reperti archeologici:

– Il fondo del calderone di Gundestrup dove è ben raffigurato un toro sacrificato.

– La statuetta in argento del Santuario di Maiden Castle (Contea del Dorset – GB), che raffigura un toro dal cui corpo evolvono tre busti femminili (la statuetta quindi rappresenta Rigani e le due ancelle che riprendono le loro sembianze in seguito al sacrificio).

– Sul rilievo dell’Altare di Parigi (Museo di Cluny – F) appare Esus in mezzo al fogliame degli alberi con un toro e tre gru.

– Sul rilievo di Treviri (Museo nazionale Renano di Treviri – D) appare un possibile Esus armato di ascia e in mezzo alle foglie si vedono tre gru e una testa di toro.

Questi reperti raffigurano ciò che viene chiamato il “TARVOS TRIGARANOS” ovvero il toro con le tre gru.

– Infine Plinio il Vecchio descrive il sacrificio di tori bianchi come conclusione della “Festa del Vischio” che veniva raccolto dai druidi proprio in questo periodo con un vero e proprio cerimoniale.

La ricerca del toro per il sacrificio viene fatta dai due Dioscuri celtici, di nome Divannos e Dinomogetimaros: questa scena che è ben raffigurata su di una placca del Calderone di Gundestrup .

Allo stesso modo è necessario che Cernunnos possa riprendere le sue sembianze per poter convolare a nozze con Rigani: questo compito sarebbe affidato a Smertulus; su una pietra scolpita trovata nel Santuario di Donon (Museo di Strasburgo – Alsazia) appare una figura maschile armata di ascia e coltello da caccia, che tiene un cervo per le corna: secondo alcuni studiosi, questa raffigurazione rappresenterebbe appunto Smertulus che, catturando il cervo, permette a Cernunnos di risalire sulla terra e, nelle sembianze di Esus, poter diventare lo sposo di Rigani. Finalmente, dopo il sacrificio del toro e del cervo, la Dea Madre Rigani e Esus, nelle loro vere sembianze, possono celebrare le Nozze Ierogamiche o Nozze Sacre tra gli Dei.

IL VISCHIO E L’AGRIFOGLIO

Come già accennato, Plinio il Vecchio descrive la cerimonia della raccolta del vischio presso i celti; i druidi vestiti di bianco tagliano con un falcetto d’oro il vischio dagli alberi su cui si trova, deponendolo su dei panni bianchi. La cerimonia viene fatta nelle notti con la luna splendente e termina con il sacrificio del toro bianco .

Anche se molto probabilmente il falcetto usato non era d’oro, in quanto questo metallo non tiene il filo della lama, ed è molto più verosimile che il falcetto fosse in bronzo, possiamo notare come la lucentezza gialla del falcetto, il chiarore della luna, il bianco delle vesti dei drudi, il toro bianco abbiano un significato fortemente simbolico, specialmente in un periodo dell’anno segnato dalla forte contrapposizione buio – luce, come appunto accade nel Solstizio d’Inverno. Il vischio si presenta di un bel colore verde in mezzo agli alberi che nella stagione invernale perdono le foglie: è quindi un trionfo della vita in mezzo alle piante spoglie in riposo.

Il vischio, che vive solo su determinate specie di piante, è parassita che si nutre della linfa delle piante ospite; viene propagato dagli uccelli che si nutrono dei suoi frutti e lo lasciano cadere sui rami delle piante. Fruttifica in inverno e i suoi frutti appiccicosi sono bianchi (torna nuovamente il bianco, il chiaro che sottolinea il concetto della luce in un periodo buio).

Tutte queste particolarità non potevano sfuggire ai druidi, che studiando bene questa pianta ne scoprirono le proprietà medicinali; è infatti una pianta che stimolava le forze vitali di uomini e animali.

Da tutto questo si desume l’importanza e la sacralità del vischio presso i Celti e di quanto fosse importante la ritualità della sua raccolta.

Molti reperti archeologici raffigurano grandi foglie di vischio (chiamate in archeologia “vesciche natatorie” vista la loro somiglianza artistica con tali organi) che fanno da contorno a teste umane: un esempio è rappresentato dalla statua in pietra dell’ “Uomo di Glauberg” con due foglie di vischio sul capo e altre scolpite sul corpo.

L’agrifoglio ( in celtico kolennos, il pungitore) è anch’esso un arbusto sempreverde con le fogli di un bel verde scuro lucente, dai piccoli fiori bianchi e dai frutti o bacche di un bel colore rosso vivo: un vero e proprio simbolo di vitalità e di colore proprio nel periodo più buio dell’anno. Ma le sue foglie sono spinose, possono pungere e causare la fuoriuscita del sangue; ecco quindi che l’agrifoglio assume un aspetto di albero “sacrificatore divino” proprio in una stagione di sacrifici con riferimento quindi a ciò che è stato scritto sia sul Mito di Rigani che sulla cerimonia della raccolta del Vischio.

Share This