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Ancora Annibale

Anche se molti lo ignorano, Torino fu la prima città italiana che riscì a creare qualche guaio ad Annibale durante la sua celebre “calata dalle Alpi”.
Siamo durante la seconda guerra punica, nel mezzo del conflitto tra Romani e Cartaginesi. I Taurini non simpatizzano nè per gli uni nè per gli altri. Annibale, sorprendendo tutti, attraverso una impresa notissima nella storia, con i suoi elefanti, dall’Africa attraversò la Spagna, i Pirenei e quindi varcò le Alpi. Secondo alcuni storici, passò dal Moncenisio (ricostruzione sulla versione di Polibio), mentre secondo altre versioni valicò il passo del piccolo San Bernardo. Una ulteriore ricostruzione, sempre a partire dagli scritti di Polibio, identifica il luogo del passaggio con il Colle dell’Autaret nelle Valli di Lanzo, discendendo poi per gli attuali comuni di Viù e Usseglio. Una conferma di tale versione forse potrebbe arrivare dal fatto che una frazione di Usseglio si chiama Margone, come il fratello di Annibale.
In ogni caso, costo in termini di perdite umane per questa impresa fu altissimo. L’esercito di Annibale, appena superate le Alpi, è stremato dalla fatica, dal freddo e dalla strada impervia. Intravede la pianura padana, accogliente e mite, e già pregusta il meritato riposo.
Tuttavia, il villaggio di Torino (che forse si chiamava Taurasia) non era certo considerato da Annibale come un problema. Sicuramente il generale pensava che gli abitanti del villaggio si sarebbero arresi non appena fosse giunta notizia dell’arrivo del suo esercito. Forse non ha nemmeno preso in considerazione la possibilità che quello sparuto gruppo di capanne potesse cercare di opporglisi.
E invece i Taurini, sebbene spaventatissimi dalle voci che arrivavano dalle valli alpine dove era passato l’esercito africano, dimostrarono una tenacia, un orgoglio ed una caparbietà non indifferenti. Essi infatti si asserragliarono nel loro villaggio, nonostante disponessero solo di pochi bastoni per l’allevamento, decisi a resistere al nemico, considerato un “barbaro invasore”.
Annibale che pensava di passare su Torino senza alcun problema dovette intraprendere invece un vero e proprio assedio che durò addirittura tre giorni. La tenacia dei Taurini impressionò tutti e mise in evidente imbarazzo Annibale stesso. Infatti, la notizia che un piccolo villaggio aveva arrestato per tre giorni la calata dell’impressionante esercito cartaginese fece rapidamente il giro dell’Italia e accese la rabbia del generale africano.
A causa di ciò, l’orgoglio taurinense fu pagato a caro prezzo, in quanto al termine del terzo giorno, Annibale riuscì a piegare gli orgogliosi abitanti del luogo e distrusse completamente il villaggio, incendiando tutto ciò che trovò. Tuttavia, i pochi Taurini superstiti riuscirono a disperdersi per le colline e la pianura circostante portando via quel poco bestiame e distruggendo i viveri rimasti. In tal modo, pare che l’esercito cartaginese, affamato e stanco, non abbia trovato alcun modo per ristorarsi e nemmeno alcune ricchezza da depredare.
Lo storico Luigi Cibrario, a metà del 1800, data l’evento all’autunno del 218 (a.C.) e così scrive:
Annibale arrivò nei campi Taurini il 15 di novembre colla metà appena dell’esercito. […] Ricercò nuovamente d’amicizia i Taurini. Ributtato, deliberò d’espugnarne la capitale. Gli storici chiamano la città dei Taurini fortissima (validissimam) […] Annibale espugnò in capo di tre giorni d’assedio la città de’ Taurini, uccise barbaramente i prigioni.
Passato Annibale, di Torino non resta che una “nuvola di fumo nero”. I Taurini si disperdono e con loro finisce il periodo Celtico-Ligure. Per qualche decennio non si hanno più notizie, poi inizierà l’era romana con Augusta Taurinorum.

Francesco Venuti

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